Al momento
della sua inaugurazione e anche in seguito, molti si domandarono come mai si
fosse dato corso alla costruzione di un simile edificio a Roma. L'ing. Giuseppe
Gualandi, di Bologna, che progettò e diresse la costruzione della Chiesa,
fin nei minimi particolari, risponde così: « la scelta dello stile è stata
determinata da due ragioni: dalla predilezione che il francese padre Vittore
Jouët, fondatore e primo direttore dell'opera del suffragio, aveva per lo stile
gotico, del quale in Francia esistono esemplari di gran bellezza; e dalla
ristrettezza del terreno sul quale
La facciata
All'esterno
La facciata cui
danno slancio tre finestroni a sesto acuto, il più ampio dei quali, quello
centrale, circoscrive nella sua ogiva, un grande rosone di buon effetto
decorativo, è notevole per l'abbondanza di guglie, d’archi, di trafori e per le
numerose statue, di grandezza quasi naturale, distribuite entro piccole edicole
o sostenute da mensole pensili, che danno a tutto l'insieme movimento e vita.
Le statue sono
così distribuite: in alto, al centro del timpano Nostra Signora del Sacro
Cuore; a sinistra, in ordine discendente, s. Giuseppe, s. Pietro
Descrizione
della facciata. G. GUALANDI: La facciata della Chiesa
Apostolo e
s. Agostino. A destra, sempre in ordine discendente, s. Giovanni
Evangelista, s. Paolo Apostolo e s. Odilone di Cluny. Accanto al rosone
centrale, sulla sinistra, s. Michele Arcangelo, s. Domenico di Guzman e s.
Francesco Saverio; sulla destra s. Vittore martire, s. Francesco d'Assisi e s. Nicola
da Tolentino. Le due statue, isolate al centro, rappresentano s. Margherita M.
Alacoque e s. Caterina da Genova. A fianco del finestrone di sinistra, s.
Bernardo da Chiaravalle e s. Gregorio Magno (sotto le sembianze di Benedetto
XV); a fianco del finestrone di destra, s. Patrizio e s. Antonio da Padova. Le
statue sono tutte opera dello scultore bolognese Orsoni e rappresentano quei
Santi che maggiormente zelarono la devozione del suffragio per le Anime del
Purgatorio. Lo stesso dicasi dei Santi effigiati nelle vetrate e ai quali sono
dedicati gli altari all'interno della Chiesa.
Sotto i
finestroni si aprono le tre porte decorate da timpani a bassorilievo e da
colonnine di marmo rosso di Verona.
Un'elegante
cancellata in ferro battuto, opera del Maccaferri, completa la decorazione
della facciata e ne custodisce la parte inferiore.
Tutto l'esterno
della Chiesa (fiancate con archi rampanti, abside, sacrestia) nella struttura e
nei motivi ornamentali, è ispirato alla facciata, alla quale richiama anche nei
particolari.
L'interno
L'interno -
lunghezza
Le tre navate
sono divise da fasci di pilastri, sui quali sono impostati altissimi archi a
sesto acuto. Le pareti perimetrali sono decorate, al di sotto delle finestre,
da panneggiamenti verde scuro, che danno la sensazione di arazzi finemente
tessuti. Al di sopra del panneggiamento corrono frasi latine, tratte dalla S.
Scrittura e dalla liturgia, disegnate, in caratteri dorati gotici, molto
ornamentali.
Il pavimento, a
rettangoli di marmo di Verona a due colori, disposti a spina di pesce. Semplice
ed elegante nelle tre navate, più ricco e più vario, quasi un vistoso tappeto
marmoreo, nel presbiterio dell'altare maggiore e dei due altari laterali. Le
balaustre, con basi e capitelli di bronzo e colonnine di alabastro, completano
la decorazione delle tre absidi, in modo vivace e decoroso. (In anni recenti è
stata asportata la balaustra dell'altare maggiore, insieme con l'originale
pulpito, notevole opera d'intarsio marmoreo, che nell'intenzione del Gualandi -
autore del disegno - doveva interrompere e avvivare con la ricca varietà dei
colori marmorei, l' uniformità della navata centrale).
La navata di destra
Le vetrate
della navata di destra, vivacemente policrome, che recano le figure di 12
Santi, esemplari per la devozione delle Anime del Purgatorio, sono state
riprodotte su cartoni di Giuseppe Catani, entro schemi predisposti da Giambattista
Conti. I Santi raffigurati, due per finestra, sono, a partire dal fondo
della Chiesa: S. Francesca Romana e S. Caterina da Genova; S. Brigida e S.
Ambrogio; S. Bonaventura e S. Tommaso d'Aquino; S. Efrem e S. Pier
Damiani; S. Giovanna d'Arco e S. Sebastiano; S. Roberto Bellarmino e
S. Francesco di Sales.
Lungo le pareti
della navata sono addossati gli altari dedicati a S. Michele Arcangelo la
cui originale immagine si deve al pittore Alessandro Catani;S. Margherita
Maria Alacoque (opera di G. B. Conti).
Accanto
all'ingresso della sagrestia, un piccolo trittico rappresentante l'Addolorata
fra due Angeli (opera di Beatrice Lucci de Angeli), copre la figura
disegnata dalle fiamme dell'incendio che, nel 1897, distrusse l'altare di una
preesistente cappella dedicata alle Anime del Purgatorio.
Nella piccola
abside della navata si trova l'altare dedicato a S. Giuseppe, sormontato
dall'immagine del Santo, dipinto dal pittore romano Giuseppe Brugo.
La navata centrale
La navata
centrale è dominata e illuminata dal grande trittico absidale che esprime
visivamente la dottrina cattolica sul Purgatorio («compendio visivo della
dottrina cattolica sul Purgatorio» - lo definì Benedetto XV), come una pagina
aperta per l'edificazione e la pietà dei fedeli. L'importanza e l’imponenza del
dipinto(Il S. Cuore e le Anime Sante del Purgatorio diG. e A. Catani) vogliono
richiamare i fedeli alla specifica finalità per cui è stato eretto il
santuario: la preghiera di suffragio per le Anime del Purgatorio.
Stilisticamente l'architetto Gualandi ha voluto riscattare, nell'abside
maggiore, con un trionfo di oro, di colori e di marmi, di cui il grande quadro
è la massima componente, i toni poveri ed opachi del cemento usato in tutta la
costruzione.
L'altare
maggiore, ricco di marmi pregiati e di bronzi dorati, ha al
centro il tabernacolo, pregevole lavoro di oreficeria, donato dagli iscritti
all'Arciconfraternita del S. Cuore del Suffragio, che ha la sua sede centrale
nella Chiesa, a testimonianza della loro pietà e per abbellire il centro più
importante della sede romana della loro Associazione.
La grande tela,
dipinta dai pittori fiorentini Giuseppe e Alessandro Catani, è inserita in una
cornice tricuspidale (alta dal pavimento ben
Il dipinto vuole illustrare la devozione del
suffragio, nei suoi motivi, nei suoi mezzi e nei suoi effetti. Al centro, in
alto, punto focale di tutta la composizione, in un turbinio di spiriti celesti
che gli fanno corona, disegnando con le loro ali intrecciate, una gran croce,
domina Gesù, Colui al quale il Padre ha affidato ogni giudizio, proprio in
virtù della croce con la quale Egli ha redento il mondo. Dal suo petto irraggia
il cuore, pegno sicuro di misericordia nel giudizio, a testimonianza che se
Gesù è il gaudio perenne del cielo, Egli è anche, per virtù dell'amore, la più
certa speranza delle Anime purganti.
A destra del Sacro Cuore appare Colei che è regina
del Purgatorio, non perché ne abbia mai attraversato le fiamme, ma perché ne è
la più amabile consolatrice. Davanti a lei, a sinistra del Sacro Cuore, c'è San
Giuseppe in atteggiamento d’intercessione, come
Il quadro,
vasto e complesso, è degno di nota per la finezza di molti particolari
(specialmente i volti delle Anime Sante, espressivi dei diversi sentimenti e
stati d'animo nel regno dell'espiazione) disegnati con rara perizia ed
efficacia.
La navata di sinistra
In questa navata, priva delle vetrate
policrome che adornano e avvivano la navata
di destra, l'attenzione è più decisamente richiamata dai colori del trittico
della Madonna del Rosario circondata da Angeli e tra i Santi Caterina da Siena
e Domenico da Guznam, che ne occupa la piccola abside. Il quadro, opera di
Francesco Notari, ricorda vagamente le pale d'altare toscane, sia per l'armonia
della composizione, sia per il vivace fondo d'oro delle formelle in basso, dal
quale emergono le figure dei santi Zita, Agnese, Cecilia (a destra del
tabernacolo) e Alfonso Maria de Liguori, Bernardino da Siena e Cirillo
d'Alessandria (a sinistra). La cornice che racchiude il dipinto, ricca e movimentata
da numerose piccole guglie, circoscrive nelle tre cuspidi terminali in alto la
figura dell'Eterno Padre in trono (al centro) e la scena dell’Annunciazione con
le figure dell'Arcangelo Gabriele e della Madonna (nelle due
cuspidi laterali).
Gli altri due
altari della navata sono dedicati a S. Gregorio Magno, rappresentato da G.
B. Conti, nell'atto di celebrare
Nella navata di
sinistra si trovano due notevoli opere: il monumento funebre di Mons. Pietro
Benedetti M.S.C. (fig. 5), primo parroco della Chiesa, con la
rappresentazione in bronzo di una Pietà, originale per concezione, con
il Cristo morto disteso sul sepolcro (opera di G. B. Conti); e la
cappella del battistero presso la porta laterale di sinistra. I bronzi
che adornano il fonte battesimale sono opera squisita dello scultore veneziano Giovanni
Bortotti. Il disegno della cappella e del fonte è dovuto all'architetto Gualandi
che, come abbiamo già detto, ha curato minuziosamente tutti i minimi
particolari della Chiesa, fino al disegno dei confessionali in legno,
armonizzati stilisticamente con l'ambiente gotico del Santuario.
La sagrestia
Alla sagrestia si accede dal fondo
della navata di destra. Nell'andito, di fronte alla porta è collocatoun
bassorilievo marmoreo dello scultore G. Rondoni, a ricordo del p.
Vittore Jouët, il quale - come dice l'epigrafe latina - «acceso di amore
per il Cuore Sacratissimo di Gesù ed esemplarmente zelante per il suffragio
delle Anime Sante del Purgatorio, fondò un'apposita Associazione e pose le
fondamenta di questo tempio».
A sinistra si
accede nella vera e propria sagrestia, ornata da ricchi mobili in stile gotico
perfettamente intonati a tutto l'edificio e alla sua decorazione.
A destra, in un
piccolo andito, si trova il così detto Museo del Purgatorio, meta di
numerosi visitatori provenienti da ogni parte del mondo e argomento ritornante
con una certa frequenza, sulle pagine di molti giornali e pubblicazioni
italiane e straniere.
Ne parliamo
nella seconda parte di queste brevi note sulla Chiesa del S. Cuore di Gesù, per
chiarirne l'origine, il valore e gli scopi.
Il «Museo del Purgatorio»
Lo chiamano
tutti così, anche le guide turistiche e le pubblicazioni sulla Roma più segreta
ed imprevista; ma l'espressione è per lo meno inesatta, se non del tutto
impropria. In realtà, si tratta di un’esigua raccolta di documenti vari e di
cimeli veramente insoliti, sull' apparizione di Anime del Purgatorio Il tutto
occupa una sola vetrina, esposta in un andito della sacrestia della Chiesa del
S. Cuore, al Lungotevere Prati.
L'esiguità
della raccolta, inizialmente, può suscitare delusione nei visitatori avendo in
mente l'impegnativo termine di «Museo». Tuttavia non deve meravigliare, qualora
si rifletta che non è cosa facilmente occorrente imbattersi in cimeli così
singolari, muniti di quelle normali garanzie di autenticità, richieste per ogni
testimonianza umana.
Come nacque il «Museo»
Nel maggio del
1893, il Padre Victor Jouët (1839-1912), zelante missionario marsigliese,
vissuto per oltre 40 anni a Roma, dove anche morì, eresse un piccolo oratorio
in via dei Cosmati, presso il Lungotevere dei Mellini, come sede dell'Associazione
del S. Cuore di Gesù per il suffragio delle Anime Sante, da lui fondata.
L'idea di dar
vita ad una simile associazione era nata nella mente e nel cuore del p. Jouët,
dinanzi al letto di morte di un suo antico alunno e giovane confratello, Mons.
Enrico Verjus, Vescovo di Limira (1860-1892) primo apostolo della Papuasia, morto
ad Oleggio (Novara) suo paese natale, mentre era in Europa a sollecitare aiuti
per la sua missione.
Infervorato
della sua idea, il p. Jouët, aiutato da fedeli devoti delle Anime Sante e
particolarmente dai suoi nobili congiunti di Francia, acquistò, nel 1894, un
villino con annesso terreno fabbricabile di oltre mille metri quadrati, al
Lungotevere Prati.
In attesa di
poter costruire un degno santuario (
Un giorno,
precisamente il 15 novembre 1897, sull'altare della cappellina, adornato a
festa, si sviluppò un incendio. In quell’occasione, ai molti fedeli che
affollavano la cappella, parve scorgere tra le fiamme sulla parete a sinistra
dell'altare, un’immagine nella quale riconobbero un viso sofferente.
Il fatto
suscitò meraviglia, discussioni e polemiche non brevi. L'Autorità
ecclesiastica, come suole avvenire in fatti del genere, non si pronunciò in
merito e così ogni conclusione, a favore o contro la realtà
dell'apparizione,
fu lasciata alla personale interpretazione dei fedeli; molti dei quali rimasero
convinti che un'Anima del Purgatorio fosse realmente apparsa fra le fiamme
dell'incendio.
Certo,
l'immagine è ben visibile tuttora. Essa è stata conservata presso la.
Porta della sacrestia dell'attuale chiesa, nascosta da un devoto trittico con
Madonna fra Angeli. E' stata così difesa dalle offese del tempo e sottratta
alla possibilità di troppo rapide conclusioni da parte di quei fedeli che sono
disposti ad ammettere il soprannaturale, anche quando
Intanto il p.
Jouët, sempre più animato dallo zelo per il suffragio delle Anime Sante,
intraprese molti viaggi attraverso l'Italia,
Nacque così la
raccolta, che egli stesso chiamò «Museo cristiano d'Oltretomba», di impronte
straordinarie, documenti originali o fotografati, segni e manifestazioni di
vario genere, aventi per oggetto i rapporti fra i vivi e i defunti, atti a
suscitar la pietà del suffragio per le Anime del Purgatorio.
Fino al 1920,
tutti questi cimeli, molto più numerosi di quanti ne siano ora conservati,
furono esposti al pubblico in una vasta sala della casa adiacente all'attuale
chiesa, della quale frattanto il p. Jouët, con l'aiuto e la benedizione di San
Pio X, aveva poste le fondamenta.
Al p. Jouët,
morto nel 1912 proprio nella sala del suo «Museo cristiano d'Oltretomba»,
successe nella direzione dell'Opera il p. Pietro Benedetti M.S.C., che
incrementò la vita dell'Arciconfraternita e condusse a termine la costruzione
della chiesa, con il benevolo e fattivo sostegno del Sommo Pontefice Benedetto
XV.
Il p. Gilla
Gremigni M.S.C. che successe al p. Benedetti (nominato Vescovo), nella
direzione della Opera, volle riordinare, per una conservazione più discreta e
più conforme allo spirito della Chiesa, l'esposizione dei cimeli, eliminando
quelli che non avessero una documentazione seriamente probativa e conservando
soltanto quelli che, per valore di testimonianze, potessero offrire ad ogni
critica, non aprioristicamente negativa, una solida garanzia di autenticità.
Rimasero così
solo i pochi cimeli, che sono ora esposti in un andito della sacrestia, a
perpetuare il titolo, più o meno appropriato, di «Museo cristiano
d'Oltretomba», che gli fu assegnato dal p. Jouët, allorché iniziò la raccolta
degli straordinari documenti.
Valore delle documentazioni
Sarà bene
stabilire, prima di procedere all'esame dei cimeli esposti, quale valore
abbiano queste documentazioni.
Evidentemente, si tratta di un valore
soltanto umano. Esse non possono costituire, cioè, una prova di realtà
riguardanti la fede. La fede, come ognun sa, è basata su altri motivi, ben al
di là delle prove sensibili. Umanamente, questi cimeli sono testimonianze di
fatti che hanno la garanzia di persone riconosciute
degne di fede, molte volte da parte di Autorità pubbliche, in seguito ad
accurate indagini ed esami. Come abbiamo già detto, la documentazione dei
cimeli esposti nel « Museo del Purgatorio » é raccolta nella collezione della
rivista «Il Purgatorio visitato dalla carità dei fedeli», bollettino
dell'Arciconfraternita del S. Cuore del Suffragio.
In ordine alla
fede, i cimeli esposti nella vetrina del « Museo » non costituiscono, né
vogliono costituire, prova della realtà del Purgatorio né a priori né a
posteriori. Possono, però, suscitare o ravvivare, in anime ben disposte, e
non pregiudizialmente scettiche, la devozione per i defunti e richiamarle al
dovere cristiano del suffragio. Per questo, e soltanto per questo, il «Museo»
ha ragione d’essere; e solo per questa ragione, San Pio X volle che fosse
conservato e custodito anche quando, alla morte del p. Jouët, parve che dovesse
andare disperso.
Affinché la
visita ai cimeli conservati nel «Museo» giovi al raggiungimento dello scopo per
il quale furono raccolti e conservati dal Padre Jouët e salvati dalla
dispersione per l'intervento di San Pio X, i visitatori dovrebbero evitare «
due scogli, posti agli estremi di sentimenti contraddittori » - diceva
monsignor Pietro Benedetti M.S.C., primo successore e continuatore,
per volontà di San Pio X.
Note di «Dottrina Cristiana»
La visita al
"Museo del Purgatorio" può costituire una buona occasione per
rivedere i punti principali della dottrina cristiana sulle "ultime realtà
della vita".
Nel
"Credo" noi professiamo di "aspettare la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà". Di fronte a questo articolo della fede bisogna
evitare di affidarsi ciecamente alle varie congetture ed ipotesi, che cercano
di sviluppare i dati della rivelazione, la quale è molto sobria su questo punto
e niente affatto indulgente a soddisfare la nostra curiosità. Bisogna
soprattutto evitare di seguire la fantasia popolare che, nel desiderio di
rendere più percettibile una vita che ci è sconosciuta, ha spesso prospettato
rappresentazioni del mondo ultraterreno, illuminate a volte da bagliori di
vivida poesia e, più frequentemente, segnate da bizzarrie del tutto immaginarie,
estranee alla fede, le quali hanno influenzato la pietà popolare, lasciandovi
tracce profonde.
La "Divina
Commedia" di Dante e le rappresentazioni medievali dell'Inferno con
relativi diavoli mostruosi, del Purgatorio con anime martoriate e del Paradiso
con prati verdeggianti irrigati da limpidi ruscelli, possono essere esempi di
queste fantasiose costruzioni.
Il contenuto
autentico della fede cattolica sulla vita futura - il solo cui si deve aderire
- è stato nuovamente esposto dai Padri conciliari del Vaticano II, nel cap. VII
della costituzione dogmatica Lumen gentium, ripetuto, nel 1979, dalla
lettera della S. Congregazione per la dottrina della fede su «alcune questioni
concernenti l'escatologia». Il capitolo del documento conciliare è dedicato
all' «indole escatologica della Chiesa pellegrinante e dell'unione di questa
con
Il testo, riprendendo un discorso, già
iniziato, sulla Chiesa come comunione di tutto il Corpo Mistico di Gesù Cristo,
afferma che questa comunione abbraccia tutti i cristiani, siano ancora
"pellegrini sulla terra", o, "già passati da questa vita, stiano
purificandosi", o godendo "della gloria, nella chiara contemplazione
di Dio uno e trino, qual è".
Queste parole
ripropongono, con termini diversi, la classica distinzione, che non vuol dire
separazione, della Chiesa militante, purgante, trionfante, secondo il più
comune linguaggio del catechismo tradizionale.
Per quel che
riguarda il Purgatorio, il testo conciliare dice che alla comunione della
Chiesa appartengono anche coloro che "passati da questa vita, stanno
purificandosi". Purgarsi e purificarsi sono sinonimi che esprimono lo
stesso concetto. La verità, quindi, di una purificazione dopo morte, vale a
dire di quel che comunemente chiamiamo il Purgatorio, è
affermata dal Concilio Vaticano II, non meno
che dai precedenti Concili, ai quali espressamente il Vaticano Il si richiama.
Per quel che
riguarda le relazioni fra vivi e defunti, il testo conciliare, dopo aver
dichiarato che "tutti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo,
formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui", afferma che
"l'unione dei viatori con i fratelli morti nella pace di Cristo, non è
minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata
dalla comunicazione di beni spirituali". Queste parole, mentre confermano
- secondo l'espressione conciliare - la perenne fede della Chiesa, nell’unione
in Cristo di tutti i fratelli vivi e defunti, rinnovano altresì negli animi,
addolorati per la morte dei propri cari, il conforto di una certezza di
permanente comunione con loro, sempre vivi in Dio, e di una possibilità di
comunicazione di beni spirituali - quel che comunemente chiamiamo suffragi -
tante volte affermata dalla liturgia e dalla letteratura cristiana.
Tra i
visitatori del "Museo del Purgatorio" si possono trovare sia quelli
mossi da semplice curiosità, sia quelli animati da sentimenti di viva
devozione. Che gli uni e gli altri sappiano ritrarre dalla visita a questi
straordinari cimeli, un serio richiamo ad una più esatta e purificata
conoscenza delle verità cristiane sulla vita futura ed un efficace incitamento
a ravvivare la carità del suffragio per i defunti, sempre uniti a noi in
Cristo, nella "comunicazione di beni spirituali".
Descrizione dei Cimeli
1
Riproduzione
fotografica dell'Altare della Madonna del Rosario di una cappella esistente
prima dell'anno 1900, tra la chiesa attuale e la casa religiosa. E' visibile
l'immagine rimasta sulla parete dopo il piccolo incendio avvenuto il 15
novembre 1897.
2
Impronta di tre
dita lasciata la domenica 5 marzo 1871 sul libro di devozione di Maria Zaganti
della Parrocchia di S. Andrea di Poggio Berni (Rimini) dalla defunta Palmira
Rastelli, sorella del Parroco, morta il 28 dicembre 1870, la quale chiedeva,
per mezzo dell'amica, al fratello don Sante Rastelli, l'applicazione di sante
Messe.
3
Apparizione,
nel 1875, di Luisa Le Sénèchal, nata a Chanvrières, morta il 7 maggio
Secondo il
racconto autentico dell'apparizione la bruciatura sul berretto fu fatta dalla
defunta Le Sénèchal perché il marito documentasse con segno visibile alla
figlia, la richiesta di celebrazione di sante Messe.
4
Facsimile
fotografico (l'originale si conserva a Winnenberg) di un’impronta di fuoco
lasciata, il sabato 13 ottobre 1696, sul grembiule di suor Maria Herendorps,
religiosa conversa del monastero Benedettino di Winnenberg presso Warendorf
(Westfalia), dalla mano della defunta suor Chiara Schoelers, religiosa corista
del medesimo Ordine, morta di peste nel 1637.
Nel basso della
fotografia c'è l'impronta bruciata di due mani, lasciata dalla stessa Suora
sopra una striscia di tela.
5
Fotografia di
un'impronta lasciata dalla defunta signora Leleux sulla manica della camicia di
suo figlio Giuseppe nella sua apparizione, la notte del 21 giugno
Secondo il
racconto del figlio, la madre era morta da 27 anni, quando gli apparve la notte
del 21 giugno 1789, dopo che per undici notti di seguito egli aveva inteso
rumori che l'avevano spaventato e reso quasi malato. La madre gli ricordava
obblighi di sante Messe, come da legato paterno, e gli rimproverava la vita
dissipata, pregandolo di cambiare condotta e di lavorare per
Giuseppe Leleux
si ravvide e fondò una Congregazione di pii laici. Morì in concetto di santità
il 19 aprile 1825.
6
Impronta di
fuoco lasciata da un dito della pia suor Maria di san Luigi Gonzaga, apparsa a
suor Margherita del S. Cuore la notte tra il 5 e il 6 giugno 1894.
La relazione
del fatto, conservata nel monastero di S. Chiara del Bambino Gesù di Bastia
(Perugia) racconta come la suddetta suor Maria di san Luigi Gonzaga, soffrendo
da circa due anni di tisi con forti febbri, tosse, asma ed emottisi, fosse
presa da scoraggiamento e quindi dal desiderio di morire subito per non
soffrire. Essendo molto fervorosa, all'esortazione della Madre superiora, si
rimise con calma alla volontà di Dio. Alcuni giorni dopo, la mattina del 5
giugno 1894, santamente spirò.
Apparve nella
notte tra il 5 e il 6 giugno, vestita da Clarissa, circondata da ombre, ma
riconoscibile. A suor Margherita meravigliata rispose che era in Purgatorio,
per espiare il suo moto di impazienza di fronte alla volontà di Dio. Chiese
preghiere di suffragio e, per attestare la realtà della sua apparizione, posò
l'indice sulla fodera del cuscino e promise di tornare. Riapparve, infatti,
alla medesima Suora il 20 e il 25 giugno per ringraziare e per dare avvisi
spirituali alla Comunità, prima di volarsene al cielo.
7
Impronte
lasciate su una tavoletta di legno, sul panno della manica della tonaca e sulla
tela della camicia della venerabile madre Isabella Fornari, badessa delle
Clarisse del monastero di san Francesco a Todi, dalle mani del defunto P.
Panzini, abate Olivetano di Mantova, il 1° novembre 1731. Sono quattro
impronte: una della mano sinistra sopra una tavoletta di cui si serviva la
venerabile Badessa per il suo lavoro (è molto ben visibile con un segno di
croce impresso profondamente nel legno). La seconda, della stessa mano
sinistra, su un foglio di carta. Un'altra impronta della mano destra, sulla
manica della tonaca. La quarta è la medesima impressione che, oltrepassando la
tonaca, ha bruciato la tela della camicia della Suora, macchiata di sangue. La
relazione del fatto è data dal P. Isidoro Gazala del SS.mo Crocefisso,
confessore della Venerabile, alla quale ordinò per obbedienza di tagliare i
pezzi della tonaca e della camicia e della tavoletta, perché gli fossero
consegnati e quindi conservati.
8
Impronta
lasciata sopra un libro di Margherita Demmerlé, della Parrocchia di Ellinghen
(Diocesi di Metz), dalla suocera apparsale 30 anni dopo la morte (1785-1815).
La defunta appariva nel costume del paese come una pellegrina: scendeva dalla
scala del granaio, gemendo e guardando con tristezza la nuora, quasi a
chiederle qualche cosa.
Margherita
Demmerlé, consigliata dal Parroco, in una successiva apparizione le rivolse la
parola ed ebbe questa risposta: « Sono tua suocera morta di parto 30 anni fa.
Va in pellegrinaggio al Santuario di N. Signora di Mariental e qui fa celebrare
due sante Messe per me».
Dopo
il pellegrinaggio, l'apparizione si mostrò di nuovo per annunciare a Margherita
la sua liberazione dal Purgatorio. Alla nuora che, per consiglio del Parroco
domanda un segno, lascia, posando la mano sul libro «L'Imitazione di Cristo»,
il segno della bruciatura.
In
seguito non compare più.
9
Impronta
di fuoco che lasciò il defunto Giuseppe Schitz, toccando con l'estremità delle
cinque dita della mano destra un libro di preghiere in lingua tedesca, di suo
fratello Giorgio il 21 dicembre
Il
defunto chiedeva preghiere di suffragio per riparare la sua poca pietà in vita.
10
Riproduzione di
una carta da Lire 10. Tra il 18 agosto e il 9 novembre 1919, ne furono lasciate
complessivamente 30, presso il Monastero di san Leonardo in Montefalco, da un
sacerdote defunto, che chiedeva ap-plicazioni di sante Messe. (L'originale di
questo biglietto di Banca è stato restituito al Monastero di san Leonardo, dove
e conservato).